Copyright: se un’opera è creata dall’AI chi sono i diritti?

Chi è l’autore dell’opera generata da una AI? Si possono usare contenuti protetti da diritto d’autore per alimentare i sistemi AI? La capacità dei modelli di AI generativa di ‘digerire’ migliaia di testi o immagini per poi ‘produrre’ contenuti dotati di creatività porta a interrogarsi sulla possibilità di tutelare l’output di tali modelli ricorrendo al diritto d’autore. 
“Sia la UE sia la maggior parte delle nazioni nel mondo, hanno assunto la posizione secondo cui i modelli di AI non possono essere qualificati come autori di un’opera – dichiara Lydia Mendola, partner dello Studio legale Portolano Cavallo di Roma -, e quindi il contenuto prodotto da un modello di AI generativa non può essere considerato un’opera protetta da copyright”.

Il ‘fair use’ legittima l’attività di raccolta massiva di contenuti digitali

“Quindi, in assenza di apporto creativo di un essere umano, c’è la possibilità che le opere generate dall’AI diventino di pubblico dominio. L’autore dovrà così dimostrare come il modello di AI abbia rappresentato un momento o uno strumento all’interno di un processo creativo più complesso”, aggiunge Mendola.
Negli Stati Uniti la dottrina del ‘fair use’ è invocata per legittimare l’attività di raccolta massiva di contenuti digitali, ovvero legittimare l’uso di materiale eventualmente protetto dal diritto d’autore altrui in assenza di autorizzazioni da parte del titolare del copyright. Questa dottrina non trova, però, immediata e diretta applicazione nell’ordinamento italiano o europeo.

Spetta ai titolari dei diritti di esclusiva attivarsi per proteggere le proprie opere

Con l’introduzione dell’eccezione Test and Data mining contenuta nella Direttiva su diritto d’autore e diritti connessi nel mercato unico digitale, sono i titolari dei diritti di esclusiva che si devono attivare per proteggere le proprie opere, e fare in modo che non siano oggetto di attività di estrazione massiva di dati. Ma se l’acquisizione dei dati coperti da copyright avviene legittimamente, anche l’opera generata dal modello di AI sarebbe lecita?
“Se il modello viene addestrato su milioni di immagini e utilizzato per generare nuove immagini, è estremamente improbabile che ciò costituisca una violazione del copyright in quanto il risultato finale sarà molto diverso dalle opere originali”, spiega Mendola.

Chi è responsabile di un plagio evolutivo?

“Se come modello si utilizzassero immagini di uno specifico artista, con l’obiettivo di generare lavori confondibili con una sua opera originale, l’artista in questione potrebbe opporsi alla circolazione e sfruttamento della nuova opera generata dal modello di AI, anche laddove non abbia espresso a monte alcuna riserva rispetto allo scraping dei suoi contenuti – puntualizza Mendola -. Potrebbe, ad esempio, lamentare la sussistenza di un plagio evolutivo, che ricorre quando l’opera originaria è comunque riconoscibile nella nuova opera. Ma chi è il responsabile del possibile plagio? Il modello di AI generativa, il suo programmatore, l’azienda che possiede la relativa piattaforma, o l’utente che ha interrogato il modello di AI per ottenere l’opera plagiaria?” 
La risposta non è univoca: è necessario indagare gli step del processo creativo che ha portato alla produzione di un certo contenuto.

Nella sfida dei formaggi l’Italia batte la Francia 8-0

Nella ‘sfida dei formaggi’ l’Italia batte la Francia 8 a 0, con Parigi che resta fuori dalle prime dieci posizioni della graduatoria globale stilata da TasteAtlas, l’atlante internazionale dei piatti e dei prodotti tipici locali. Sono infatti otto formaggi italiani fra i cento migliori del globo. 

Ai primi tre posti, spiega la Coldiretti, si piazzano Parmigiano Reggiano, Burrata e Grana padano, a seguire Stracchino di Crescenza, Mozzarella di Bufala e Pecorino Sardo, quindi un formaggio spagnolo, il Queijo Serra de Estrela, seguito dal Pecorino Toscano, il Bundz polacco e il Gorgonzola Piccante. E i francesi? Il primo formaggio è al tredicesimo posto, con il Reblochion dell’Alta Savoia, e il secondo è l’ultimo in classifica, l’Ossau-Iraty della zona dei Pirenei.

Esportiamo Oltralpe quasi 130 milioni di chili di formaggio

Con gli ultimi riconoscimenti comunitari salgono a 55 i formaggi a denominazione di origine protetta (Dop/Igp) italiani tutelati dall’Unione Europea, lo stesso numero di quelli francesi. Ma a Oltralpe mostrano di apprezzare i formaggi italiani, visto che le nostre esportazioni sono cresciute di quasi il 27% in valore nel 2022, stimati a oltre 900 milioni per una quantità sulle tavole d’Oltralpe, una cifra pari a quasi 130 milioni di chili. La sfida tra Italia e Francia nella produzione di formaggi ha radici lontane, inoltre sono i due Paesi europei con la maggiore tradizione culinaria a contendersi i primati nell’agricoltura e nell’alimentare. Il Belpaese vince però per valore aggiunto agricolo, numero di prodotti Dop/Igp riconosciuti dall’Unione Europea, 316 denominazioni (dop/Igp) contro le 260 dei cugini d’Oltralpe.

Made in Italy minacciato dal Nutriscore

Una ricchezza enogastronomica che vince all’estero un po’ su tutti i fronti, considerando il record storico delle esportazioni alimentari Made in Italy che nel 2022 hanno raggiunto i 60,7 miliardi di euro, per una crescita del +17% rispetto all’anno precedente, trainata dai prodotti simbolo della Dieta Mediterranea. Primati minacciati dai nuovi sistemi di etichettatura a semaforo come il Nutriscore, che secondo la Coldiretti è fuorviante, discriminatorio e incompleto, perché finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti presenti da secoli sulle tavole per favorire invece prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta.

Grana Padano e Parmigiano Reggiano i più falsificati nel mondo

I sistemi allarmistici di etichettatura a semaforo si concentrano esclusivamente su un numero molto limitato di sostanze nutritive, ad esempio, zucchero, grassi e sale, e sull’assunzione di energia senza tenere conto delle porzioni. Escludono quindi dalla dieta l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine e le eccellenze della Dieta Mediterranea, dall’olio extravergine d’oliva al Parmigiano Reggiano o al Grana Padano. Ma l’Italia purtroppo vince anche nelle falsificazioni, con Grana Padano e Parmigiano Reggiano i formaggi più imitati nel mondo. Copiati all’estero sono però anche il Pecorino, l’Asiago e il Gorgonzola. Un problema, che secondo la Coldiretti, riguarda anche la Francia, che deve proteggere, tra gli altri, il Brie e il Camembert.

Il costo della vita aumenta? E i consumatori globali non comprano più

A tutta prudenza. Sembra essere questa la tendenza diffusa fra i consumatori, preoccupati dalla loro situazione finanziaria. Così, per non fare passi falsi, si rimandano gli acquisti considerati non necessari. Lo rivela il sondaggio 2023 di PwC Global Consumer Insights Pulse Survey, che ha coinvolto 9.180 consumatori in 25 Paesi, evidenziando che il 15% dei consumatori ha smesso completamente di acquistare beni non essenziali e un altro 53% li sposta in là nel tempo. La “colpa” di questo atteggiamento? Il costante aumento del costo della vita a livello globale.

Nei prossimi sei mesi ancora più “formiche”

Dal sondaggio è emerso che nei prossimi sei mesi la maggior parte dei consumatori prevede di ridurre la propria spesa in tutte le categorie oggetto della ricerca, una riduzione significativa prevista in tutte le categorie rispetto al precedente sondaggio di giugno 2022. Settori quali i prodotti di lusso e di fascia alta, i viaggi e la moda saranno i più colpiti nei prossimi sei mesi dalla riduzione di spesa dei consumatori, mentre i generi alimentari dovrebbero essere i meno colpiti.

Il costo della vita pesa sulla fiducia dei consumatori

A livello globale i consumatori stanno modificando le abitudini d’acquisto online e in negozio a seguito dell’aumento del costo della vita, mentre le carenze di materie prime si ripercuotono sulla disponibilità dei prodotti e sui tempi di consegna. Circa la metà (49%) sostiene quindi di acquistare determinati prodotti quando sono in offerta, il 46% di cercare rivenditori che offrono un valore maggiore, il 40% di utilizzare siti di confronto dei prezzi per trovare alternative più economiche, il 34% di acquistare in stock per risparmiare e il 32% di acquistare prodotti a “marchio del rivenditore” per risparmiare. A livello demografico, la Generazione X è la “più preoccupata” (47%) e ha rimandato l’acquisto di beni non essenziali, i Baby Boomer sono “preoccupati in una certa misura” (33%) e hanno anche loro rimandato l’acquisto di beni non essenziali, mentre i Millennials sono in cima alla lista e sono “preoccupati” ma senza modificare il proprio comportamento.

Pesa la mancanza di materie prime

Mentre più della metà dei consumatori (56%) afferma che l’aumento dei prezzi è il fattore condizionante quando fa acquisiti in negozio, una notevole percentuale è rappresentata anche dai problemi legati alla carenza di materie prime con lunghe code e negozi affollati (30%), oltre alla disponibilità dei prodotti (26%) che influenza il comportamento dei consumatori. Le carenze di materie prime per gli acquisti in negozio sembrano interessare maggiormente i consumatori in Australia (36%), Stati Uniti (35%) e India (34%), mentre per chi acquista online, le preoccupazioni principali riguardano gli aumenti dei prezzi (48%), la disponibilità dei prodotti (24%) e i tempi di attesa più lunghi del previsto (24%).

Nel 2022 è Vodafone il miglior operatore 4G in Italia 

In Italia nel 2022 Vodafone è il migliore operatore di rete mobile 4G. Nella classifica di Altroconsumo ottiene 34.447 punti, seguito a grande distanza dagli altri 3 operatori: Iliad (24.497 punti), Tim (23.715), e WindTre (23.037). Rispetto al 2021, tutti gli operatori hanno avuto un incremento delle performance che deriva principalmente dai miglioramenti di velocità di download. È quanto emerge dall’indagine di Altroconsumo sulla performance dei provider di telefonia mobile, effettuata con il contributo di oltre 20.000 utenti tramite l’app CheBanda, che misura la qualità della rete mobile del proprio operatore.

Download più veloce del 28% rispetto al 2021

Il contributo dei consumatori ha permesso di valutare una serie di parametri, come velocità di download e upload, qualità di navigazione su siti internet e qualità della visione di video. Il test misura la velocità di trasmissione per scaricare dati nello smartphone e inviarli. Poiché questi parametri impattano non soltanto sul tempo necessario a ricevere e inviare file, ma anche sul tempo necessario ad accedere e interagire con siti internet, sono estremamente importanti e influenzano ulteriori parametri di qualità d’uso. E Vodafone risulta ancora in testa, con 51,2 Mbps per download e 11,9 Mbps per upload, + 28% di velocità di download rispetto al 2021.

Qualità di navigazione e streaming

Il test monitora anche l’accesso ad alcuni tra i siti internet più visitati, verificando se la pagina si apre correttamente e quanto tempo è necessario ad accedervi. Se il ritardo complessivo è inferiore a 10 secondi la qualità di navigazione (Qnb) viene considerata buona. Un ritardo superiore o un fallimento nell’accesso alla pagina vengono considerati negativi. Per ogni operatore viene conteggiata la percentuale di successo. In più, il test verifica il tempo di caricamento e di attesa del video selezionato, eventuali pause (buffering) e tempi di attesa. Per ritardi inferiori a 12 secondi la qualità di streaming (Qsb) viene considerata buona, mentre ritardi superiori o un fallimento nel caricamento del video vengono considerati negativamente. Per ogni operatore viene conteggiata la percentuale di successo.

Con il 5G Vodafone raggiunge 150 Mbps

Le misurazioni sono state effettuate dagli utenti utilizzando la miglior tecnologia mobile: la maggioranza dei test è avvenuta in 4G (89%), poco oltre il 2% in 3G, un valore inferiore a 0,5% in 2G, e oltre l’8% in 5G. Per quanto riguarda il 5G, il miglioramento delle performance delle reti mobili è notevole rispetto al 4G. Il 5G promette un miglioramento sulla velocità di download, effettivamente già percepibile per tutti gli operatori valutati. Infatti, riporta Adnkronos, si passa da valori che si aggirano intorno ai 40 Mbps del 4G a velocità che arrivano a 80 (WindTre) e 90 Mbps (Iliad), fino ad arrivare a circa 150 Mbps per Vodafone e Tim. Al contrario, le valutazioni positive nei confronti della latenza (il tempo che intercorre tra un’azione dell’utente e l’effettiva risposta della rete), diminuiscono considerevolmente per il 5G rispetto al 4G.

Cybersecurity: i dirigenti italiani non ne conoscono il gergo

Secondo la ricerca di Kaspersky ‘Separati da un linguaggio comune’ in Italia quasi la metà dei dirigenti C-Suite (44%) ritiene che gli attacchi di cybersecurity siano il pericolo principale per la continuità del business, prima ancora dei fattori economici (41%) e degli aspetti normativi e di conformità (35%). Ma per il 50% di loro il linguaggio utilizzato dagli specialisti di sicurezza per descrivere queste minacce rappresenta il maggiore ostacolo alla comprensione dei problemi di cybersecurity più urgenti. In pratica, sebbene il top management italiano consideri la minaccia di attacchi di cybersecurity il rischio maggiore per le proprie aziende, non riesce a stabilire con precisione le priorità di azione a causa dell’utilizzo di gergo e terminologia poco chiari per descrivere le minacce.

Manca una formazione adeguata

Il 99% degli intervistati C-Suite in Italia è consapevole della frequenza con cui le loro aziende vengono attaccate, e per il 91,5%, indipendentemente dalle dimensioni aziendali, la sicurezza informatica è sempre, o spesso, un punto all’ordine del giorno nelle riunioni del management e del consiglio di amministrazione. Quando la comprensione della cybersecurity è fondata e completa la C-Suite si trova ad affrontare tre ostacoli all’interno del proprio team di management: la mancanza di strumenti idonei (45%), le restrizioni di budget (43%) e la mancanza di una formazione adeguata in materia (42%).

Per i top manager il linguaggio è poco chiaro

In molti casi però, la sicurezza informatica non viene del tutto compresa, e nonostante per il 65% sia sempre un argomento in agenda nelle riunioni del board, il 41% degli intervistati ritiene che il gergo e i termini confusi del settore rappresentino attualmente un ostacolo alla comprensione della cybersecurity da parte della C-Suite, e soprattutto, di ciò che si dovrebbe fare al riguardo. Dato che raggiunge rispettivamente il 50% e il 55% tra i Chief Compliance Officer e i Chief Risk Officer, fino ad arrivare alla percentuale record del 60% tra i Chief Marketing Officer, che considerano il linguaggio poco chiaro la criticità principale per una piena comprensione.

Malware, phishing, ransomware, questi sconosciuti

Più in dettaglio, la metà degli intervistati trova confusi i termini base della cybersecurity, come malware (50%), phishing (51%) e ransomware (50%). Inoltre, il 49,5% non comprende appieno anche espressioni più tecniche, come Zero Day Exploit e MD5 Hash.
“Ciò potrebbe indicare, che in molti casi, i dirigenti si trovano nella posizione di dover prendere decisioni critiche per l’azienda senza avere un quadro chiaro del panorama delle minacce e del rischio che rappresentano – spiega David Emm, Principal Security Researcher di Kaspersky -. Senza la possibilità di interpretare i problemi più critici, il linguaggio e la terminologia utilizzati per descrivere le minacce impediscono alle organizzazioni di elaborare un approccio alla cybersecurity, condividere le conoscenze, e in ultima analisi, creare un’intelligence utilizzabile”.

Bonus auto e moto 2023: stanziati 630 milioni di euro 

Il Bonus auto e moto 2023 prevede uno stanziamento di 630 milioni per l’acquisto di veicoli e motocicli a zero o basse emissioni, destinato a privati, aziende, noleggiatori e imprese di car sharing. Gli incentivi hanno preso il via il 10 gennaio, e sono utilizzabili da chi ha sottoscritto un contratto di acquisto tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2023. Per comprendere l’entità dello sconto e le condizioni per ottenerlo bisogna considerare il livello di emissioni del veicolo che si vuole acquistare. I fondi a disposizione e le modalità di utilizzo sono infatti modulati in tre fasce.

Vetture elettriche, a idrogeno e ibride plug-in

La prima fascia (190 milioni di euro) riguarda le vetture elettriche, alimentate a idrogeno e alcune ibride plug-in. Il tetto al prezzo di listino (42.700 euro) limita il numero di modelli che possono accedere al bonus, che in caso di rottamazione di un veicolo inquinante ammonta a 5.000 euro. Senza rottamazione il contributo scende a 3.000 euro. Fra le condizioni per usufruire degli incentivi, la consegna della nuova vettura entro 180 giorni dalla prenotazione e l’impegno a mantenimento la proprietà dell’auto nuova per almeno 12 mesi. L’auto da rottamare deve avere una omologazione fra Euro 0 ed Euro 4.

Ibride, plug-in e tradizionali

La seconda fascia (235 milioni) include le vetture ibride e plug-in. Lo sconto ammonta a 4mila euro in caso di rottamazione, o 2mila senza rottamazione. Le condizioni e i tempi sono gli stessi della fascia precedente. La terza fascia racchiude molti modelli tradizionali, anche non elettrificati e con motore a combustione interna, spesso con alimentazione a gas e gpl. È anche quella con la dotazione minore: 150 milioni di euro che ‘valgono’ 75mila immatricolazioni, visto che il bonus è di 2mila euro ed è erogabile solo previa rottamazione di un mezzo più inquinante. Possono accedere agli incentivi solo le persone fisiche. Il limite di prezzo è 42.700 euro, Iva e optional inclusi.

Contributi anche per veicoli commerciali elettrici e moto

Sono disponibili 15 milioni di euro per l’acquisto di veicoli commerciali di categoria N1 e N2, nuovi di fabbrica, ad alimentazione esclusivamente elettrica e previa rottamazione di un veicolo omologato fra Euro 0 e 4. Gli incentivi vanno da 4.000 euro, a 6.000 euro fino a 12.000 euro. Trentacinque milioni di euro sono destinati a motocicli e ciclomotori elettrici, mentre 5 milioni a motocicli e ciclomotori a combustione interna. Il contributo è del 30% sul prezzo d’acquisto di un motociclo o ciclomotore elettrico fino al massimo di 3.000 euro più Iva, ma si può salire al 40% e fino a 4.000 euro più Iva con rottamazione di una moto in una classe da Euro 0 a 3. Per le due ruote a motore ‘tradizionale’ a fronte di uno sconto del rivenditore del 5%, è previsto un contributo del 40%, fino al massimo di 2.500 euro più Iva per un motociclo o ciclomotore nuovo e almeno Euro 5, ma con rottamazione di una moto da Euro 0 a 3.

Perché è importante proteggere il proprio negozio con gli impianti di sicurezza?

Sia che tu sia un commerciante che ha appena aperto un nuovo negozio, o la tua attività esiste da tempo, sicuramente il garantire maggiore sicurezza ai tuoi locali è un argomento che ti sta a cuore.

 In entrambi i casi, è fondamentale che tu prenda in considerazione l’idea di far installare moderni impianti di sicurezza per proteggere il tuo lavoro.

Infatti, furti e le rapine possono avere un impatto devastante su ogni attività, sia in termini economici (dunque danni materiali) che per quanto riguarda la sensazione di frustrazione ed impotenza che in questi casi ci pervade.

Ecco perché è così importante prevenire questi episodi, senza considerare la perdita di dati per attività che a qualsiasi titolo lavorano con risorse in digitale (fotografie, documenti, archivi, etc.).

L’importanza della scelta del giusto sistema di sicurezza

Scegliere il giusto sistema di sicurezza per il tuo negozio può essere un compito non semplice, dato che ci sono molti fattori da considerare.

Innanzitutto, è importante valutare le tue esigenze specifiche in termini di sicurezza: queste possono variare in base al numero di finestre e accessi presenti in loco, ubicazione dell’attività commerciale (su strada, dentro un certo commerciale, in centro ma non al piano terra, etc).

Ad esempio, se il tuo negozio è situato in una zona ad alto rischio di furti, potresti voler considerare l’installazione di più sistemi di sicurezza contemporaneamente.

Chiaramente, è importante definire in anticipo il budget a disposizione così da poter individuare più rapidamente  i sistemi di sicurezza in linea con le proprie possibilità finanziarie.

Per fortuna, ci sono diverse soluzioni di sicurezza per ogni tipo di budget, quindi non ti sarà difficile trovare qualcosa che si adatti alle tue possibilità di spesa.

I furti in negozio sono una realtà

Purtroppo, i furti in negozio sono una realtà diffusa in tutta Italia, da Nord a Sud. Anche se il tuo negozio è situato in una zona “sicura”, ad esempio il centro cittadino, non puoi mai essere veramente certo che tali episodi non possano presentarsi.

I malviventi infatti, sono sempre alla ricerca di nuove opportunità e possono agire in qualsiasi momento, anche di giorno.

Pertanto, è essenziale che tu prenda le giuste contromisure che oggi adeguati sistemi di sicurezza possono offrirti, dispositivi progettati per proteggere il tuo negozio e tutto ciò che si trova al suo interno.

I sistemi di sicurezza possono fare la differenza

I sistemi di sicurezza possono dunque fare la differenza per quanto riguarda la protezione del tuo negozio e della merce che si trova al suo interno.

Oggi sul mercato ci sono diverse soluzioni disponibili, che vanno dalle telecamere di sicurezza agli allarmi con sensori di movimento, nonchè grate di sicurezza ed inferriate.

Mentre le telecamere di sicurezza fungono da deterrente, gli impianti di allarme con sensori di movimento servono a rilevare eventuali intrusioni all’interno di una attività commerciale.

Gli impianti con sensori di movimento

Quando un sensore di movimento viene attivato, viene inviato un segnale alla centrale di allarme, che può essere configurata per far suonare un allarme o per inviare un avviso ad un servizio di sorveglianza o al proprietario.

I sensori di movimento utilizzati negli impianti di allarme possono essere di diverse tipologie: tra le più diffuse ci sono quelli ad infrarossi, ad ultrasuoni o con sensori microonde.

I sensori ad infrarossi rilevano il calore emesso dal corpo umano, sono molto precisi e ad oggi tra i più utilizzati in assoluto.

 I sensori ad ultrasuoni utilizzano onde sonore ad alta frequenza per rilevare il movimento, sono comunque poco sensibili e potrebbero essere “disturbati” dal vento o dai suoni ambientali.

I sensori a raggi microonde sono simili a quelli ad ultrasuoni, ma utilizzano proprio delle microonde per rilevare il movimento. Sono meno sensibili ai suoni ambientali ma potrebbero essere disturbati da oggetti in movimento come foglie o insetti.

Questi sistemi possono essere personalizzati in base alle esigenze specifiche, come la possibilità di disattivare l’allarme con un codice, la possibilità di monitorare l’allarme da remoto tramite un’app per dispositivi mobili e l’integrazione con le telecamere di sorveglianza.

Le grate di sicurezza

Le grate di sicurezza rappresentano una soluzione davvero efficace per proteggere la tua attività commerciale.

Vengono realizzate in solido acciaio e possono essere anche apribili grazie a serrature di alta qualità, per consentire lo stesso livello di sicurezza in ogni momento.

Per questo motivo, le grate di sicurezza sono anche molto resistenti e difficili da forzare, quindi offrono una protezione efficace in grado di far desistere chiunque dal tentativo di attaccarle.

Tra l’altro le grate possono essere personalizzate in base alle tue esigenze per quel che riguarda colori e design, così da adattarsi perfettamente allo stile dell’edificio, oltre che del negozio.

Tutte queste opzioni possono contribuire a scoraggiare i ladri ed indurli a puntare la loro attenzione su altri obiettivi meno “protetti”.

Sicurezza e tranquillità d’animo

Alla fine, l’installazione di sistemi di sicurezza per il tuo negozio non è solo una questione di protezione, ma anche di tranquillità d’animo.

Sapendo che il tuo negozio è ben protetto, sarai in grado di concentrarti sulla tua attività senza preoccupazioni e non dovrai più spendere ingenti cifre in assicurazioni o vigilanza privata.

Pertanto, non esitare a mettere in sicurezza il tuo negozio e dormirai finalmente sonni più tranquilli.

Lavoro: a gennaio previste tante assunzioni, ma non si trovano candidati

La domanda di lavoro prevista a gennaio 2023 si colloca sopra i livelli pre-Covid, segnando un +10,1%, pari a 46mila assunzioni, rispetto a gennaio 2022 e +14,0% (+62mila assunzioni) rispetto a gennaio 2019. In totale sono 504mila i lavoratori ricercati dalle imprese nel primo mese dell’anno, e 1,3 milioni previsti per il primo trimestre (+149mila assunzioni, +12,9%) rispetto l’intero trimestre 2022. Allo stesso tempo cresce anche il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, che passa dal 38,6% del 2022 al 45,6% (circa 230mila assunzioni). A delineare questo scenario è il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal.

Più difficili da reperire i dirigenti

La mancanza di candidati è la motivazione maggiormente indicata dalle imprese (27,8%), seguita dalla preparazione inadeguata (13,5%) e da altri motivi (4,3%). Dal Borsino delle professioni sono più difficili da reperire dirigenti (66,1%), operai specializzati (61,9%), tecnici (51,6%), conduttori di impianti (49,0%), professioni con elevata specializzazione (47,5%), e nelle attività commerciali e nei servizi (41,0%). Supera poi i 4 mesi (4,3) il tempo medio di ricerca necessario per ricoprire le vacancies valutate dalle imprese di difficile reperimento. Le assunzioni programmate rivolte preferenzialmente ai giovani sotto i 30 anni registrano una difficoltà media di reperimento del 48%. Per il 18,1% delle assunzioni (oltre 91mila) le imprese pensano di rivolgersi a lavoratori immigrati, soprattutto nei settori della logistica, dei servizi operativi e nella metallurgia.

Guida la domanda di lavoro il manifatturiero

A guidare la domanda di lavoro è il manifatturiero, con un incremento su base annua del 17,8% (+19mila assunzioni), seguito da turismo (+10mila, +21,0%), servizi operativi di supporto a imprese e persone (+7mila, +17,7%) e servizi alle persone (+7mila, +12,9%). L’industria ha invece in programma 174mila assunzioni. In particolare, sono alla ricerca di personale le imprese delle costruzioni (51mila), seguite dalle imprese della meccatronica (34mila), metallurgiche e dei prodotti in metallo (27mila). I servizi prevedono di assumere 330mila lavoratori: 64mila i servizi alle persone, 60mila il commercio e 58mila il turismo.

Lombardia, Veneto, Lazio assumono di più

Il contratto a tempo determinato è la forma di assunzione maggiormente proposta (208mila unità), pari al 41,3% del totale. Seguono i contratti a tempo indeterminato (122mila, 24,3%), quelli in somministrazione (74mila, 14,7%) e gli altri contratti non alle dipendenze (44mila, 8,8%). L’apprendistato viene proposto per 25mila assunzioni (5,0%), mentre i contratti di collaborazione e le altre tipologie di contratti vengono indicati rispettivamente per 19mila assunzioni (3,7%) e 10mila assunzioni (2,1%). A livello territoriale, sono le macro-ripartizioni del Nord-Ovest e del Nord-Est a segnalare le previsioni di assunzione più elevate (rispettivamente, oltre 171mila e circa 123mila), seguite dalle regioni del Sud (oltre 109mila) e del Centro (circa 101mila). La graduatoria regionale delle assunzioni vede, nell’ordine, Lombardia (121mila), Veneto (51mila), Lazio (50mila), Emilia-Romagna (49mila), Piemonte (37mila) e Campania (32mila).

Il 2022 è l’anno del Banking as a Service

Tra gli abilitatori dell’innovazione finanziaria, si fanno largo i modelli as-a-Service, oggi adottati dal 75% delle startup/scaleup italiane. Tra questi spicca il Banking-as-a-Service (BaaS): un istituto finanziario autorizzato (ad esempio, una banca) offre servizi, licenza e ‘libri’ a un secondo attore non autorizzato (come una digital company), che cura l’interazione con il cliente finale e l’esperienza d’uso. I modelli BaaS creano opportunità di mercato per le banche tradizionali e permettono un’aperta competizione dei nuovi attori, come nel caso delle Challenger Bank, banche digitali gestibili attraverso app e smartphone, ormai 120 in Europa. Oltre a conto corrente e strumenti di pagamento, il 44% delle Challenger Bank offre anche possibilità di investimento, il 32% richiedere prestiti e il 20% sottoscrivere polizze.

I modelli BaaS e la riduzione del numero delle filiali bancarie

Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Fintech & Insurtech della School of Management del Politecnico di Milano.
I modelli di Business as-a-Service porteranno probabilmente a un’ulteriore riduzione del numero delle filiali bancarie sul territorio, ma i consumatori italiani non reagirebbero necessariamente in modo negativo. Di fronte alla chiusura della filiale di riferimento solo il 21% cambierebbe banca, il 24% sarebbe disposto a restare nella stessa, cambiando filiale o modalità di interazione, e il 35% a spostarsi su strumenti digitali (app o pc), a cui si aggiunge un 20% che già oggi non fruisce della filiale.

Cresce l’uso dei canali digitali da parte dei clienti 

In generale, tra i clienti delle banche aumenta la predisposizione a usare i canali digitali. Nel primo semestre 2022 gli operatori bancari italiani hanno registrato una crescita del 6% di clienti che usano i canali digitali (home e mobile banking).
Cresce poi del 17% anche il numero delle transazioni digitali, operazioni come bonifici, ricariche telefoniche, pagamento di bollette, compravendita di titoli, eseguite tramite home o mobile banking.
Tra tutti i correntisti attivi, il 63% ha utilizzato almeno una volta i canali digitali, il 55% se si considera il solo mobile.

Per l’86% dei giovani il conto online è quello principale

L’online non è usato solo per queste singole ‘operazioni semplici’. Alcuni clienti stanno optando per un’offerta bancaria interamente digitale. Il 24% dei clienti retail attivi in internet in Italia, infatti, ha uno o più conti aperti presso banche online, percentuale che sale al 40% nei giovani tra i 18 e i 24 anni, e che si riduce gradualmente fino all’11% nella fascia 55-74 anni. 
“Anche nel corso del 2022 è continuata la crescita dell’educazione digitale degli italiani in ambito finanziario – evidenzia Filippo Renga, Direttore dell’Osservatorio Fintech & Insurtech -. In generale, aumenta la predisposizione a usare i canali digitali, soprattutto tra i giovani che, da un lato sono più abituati a fruire di servizi in digitale, dall’altro hanno verosimilmente necessità meno sofisticate e compatibili in pieno con la proposta attuale delle banche digitali”.

Nel 2022 le bollette del gas superano 1.750 euro, +54% rispetto al 2021

Il prezzo del gas è tornato a crescere, e dopo la tregua di ottobre le bollette sono diventate decisamente più salate per le famiglie italiane. Tanto è vero che durante il mese di novembre, secondo le simulazioni effettuate dal portale di comparazione prezzi Facile.it, una famiglia tipo con un contratto di fornitura stipulato nel mercato tutelato dovrà mettere a budget ben 143 euro per la sola bolletta del gas, il 26% in più rispetto a novembre dello scorso anno.
Se i prezzi dovessero rimanere su questi livelli fino alla fine dell’anno, si legge in una nota di Facile.it, la spesa complessiva per tutto il 2022 relativa alla fornitura di gas, sempre per una famiglia tipo con un contatto nel mercato tutelato, sarà superiore a 1.750 euro, vale a dire il 54% in più rispetto allo scorso anno.

Le tariffe sono tornate a crescere: a novembre +13,7%

Si tratta di alcuni dati emersi da una analisi realizzata da Facile.it tenendo in considerazione le nuove tariffe per l’energia comunicate dall’Autorità relative al mese di novembre di quest’anno.
“Le condizioni eccezionali di ottobre hanno portato a un calo del prezzo del gas, ma come previsto le tariffe sono tornate a crescere, con un aumento che a novembre è stato del 13,7%, andando di fatto ad annullare la diminuzione del mese precedente”, ha spiegato Mario Rasimelli, Managing Director Utilities di Facile.it.

“Sarà un inverno complicato dal punto di vista delle bollette”

“Una brutta notizia per tutti coloro che si trovano ancora oggi nel mercato tutelato e che fa presagire un inverno complicato dal punto di vista delle bollette – ha aggiunto Mario Rasimelli -. Proprio per questo il consiglio non è solo quello di continuare a fare attenzione ai propri consumi, ma anche guardare alle offerte presenti sul mercato libero, perché il passaggio potrebbe essere una soluzione per contrastare, almeno in parte, i costi elevati”.

La spesa complessiva per luce e gas potrebbe sfiorare i 3.100 euro in un anno

Insomma, secondo gli esperti di Facile.it il 2022 sarà l’anno più costoso di sempre per quanto riguarda la spesa dell’energia. Di fatto, sommando le bollette del gas a quelle per l’elettricità la spesa complessiva di una famiglia tipo con un contratto di fornitura stipulato nel mercato tutelato quest’anno potrebbe addirittura sfiorare i 3.100 euro. Ovvero, il 74% in più rispetto al 2021.